martedì 12 luglio 2016

schammasch, "triangle"


gli schammasch sono un quartetto svizzero che con ‘triangle’ è giunto al terzo disco. molto onestamente vi dico che manco li avevo mai sentiti nominare fino a qualche giorno fa per cui non ho molto idea di cosa sia successo prima di questo disco. per quel poco che ho sentito i quattro orologiai prima si dedicavano a un black più “ortodosso” con i classici momenti doom e cliché vari.
‘triangle’ invece è un disco triplo che però per la durata poteva essere anche doppio: il totale è infatti di poco più di 100 minuti, i tre dischi durano circa 34 minuti l’uno. perché allora questa scelta bizzarra? perché i tre dischi hanno nette differenze tra loro, pur rimandando ad un disegno generale coeso e ben organizzato.
è un concept album su… la morte. arrivano comunque dal black metal, che vi aspettate? i tre capitoli identificano tre fasi del trapasso: ‘the process of dying’ (non credo ci sia bisogno che ve lo spieghi), ‘metaflesh’ (il decadere della carne e il sorgere dello spirito come essere ultimo) e ‘the supernal clear light of the void’ (il buio, il vuoto, il nulla.).
musicalmente mi sono trovato ad ascoltare uno dei pochissimi dischi metal entusiasmanti degli ultimi anni. non che ci siano rivoluzioni o grossi scossoni al genere ma gli schammasch conoscono molto bene la loro materia e se la suonano e gestiscono in maniera egregia, passando da un primo disco più canonico, seppur decisamente ispirato, ad un secondo che mette in tavola decise sterzate di doom cosmico, chitarre liquide e psichedeliche, passaggi pseudo-folk e molti altri colori da scoprire fra le trame dei pezzi, pur restando su suoni polverosi e antichi tipici tanto dell’estetica black quanto di quella doom.
il terzo disco riesce a sorprendere ancora andando più in là: per raccontare il grande vuoto gli amici cioccolatai del black imbastiscono 34 minuti di dark-ambient-drone-folk che sta tra i death in june, i dead can dance e gli ulver (quali ulver? decidete voi). sebbene anche questa non sia certo una trovata geniale, contribuisce alla costruzione del disco in maniera funzionale e dinamica e porta a compimento quel disegno generale di cui si parlava prima: un inizio legato alla furia black per descrivere la morte, una parte centrale che unisce violenza e oasi meditative in cui lo spirito si stacca dal corpo e un finale dilatato e aperto all’infinito per mostrare quello spirito che vaga nel vuoto.
volendo fare un giochino un po’ scemo potremmo vedere i tre dischi come l’equivalente delle tre fasi black metal degli ulver: il primo disco si può affiancare a ‘nattens madrigal’, il secondo a ‘bergtatt' ed il terzo a ‘kveldssanger’, sebbene contenga molte più tracce degli ulver di 'lyckantropen themes’ o ‘shadows of the sun’. ci si ritrovano anche evidenti tracce di quel black sperimentale che da anni fa sfornare grandi dischi ai negura bunget, sicuramente i migliori di questa nuova ondata, e che in passato ci ha donato i grandi album dei taake.

quello che posso assicurarvi è che questo è senza dubbio il miglior disco metal che abbia sentito quest’anno e probabilmente anche lo scorso (quasi a pari mi viene in mente solo 'm' di myrkur l'anno scorso o il buono (ma non a questi livelli) ultimo degli oranssi pazuzu). pur non inventandosi niente gli schammasch realizzano un’opera compiuta, compatta, varia e dinamica con grande intelligenza e ottima padronanza dei mezzi. attendendo che li annuncino per il roadburn 2017, lascerò che 'triangle' invada la mia estate.