giovedì 1 ottobre 2015

crosby, stills & nash, "daylight again"



facile odiare ‘daylight again’, l’ho fatto anch’io per un bel po’ di tempo. perché? perché è un disco fortemente anni ottanta da parte di una band il cui suono è sempre stato radicato nella tradizione degli anni 60/70 se non ben prima. perché è fondamentalmente un disco di stills e nash a cui crosby è stato invitato solo all’ultimo, quando la atlantic ha rifiutato il progetto originale ed ha fatto finire le sessioni di registrazione a spese degli artisti: no crosby, no party. e quindi il baffo arriva in studio in condizioni pietose, ricoperto di croste, ingrassato e distrutto da eroina, cocaina e quant’altro, non esattamente lo scenario ideale per ricostruire il feeling che ha reso capolavori i dischi del passato. facile capire perché i due compagni abbiano sostituito quasi tutte le sue voci con quelle di timothy schmit dei poco e art garfunkel: di fatto crosby compare solo nei due pezzi che porta al gruppo di cui uno solo è scritto da lui, la splendida ‘delta’, ultima sua commovente composizione prima di anni di buio, galera, droga e tutto il resto. e, come se non bastasse, per ‘delta’ dobbiamo ringraziare jackson browne, grande amico del baffo che l’ha costretto al pianoforte con la forza, senza lasciarlo alzare per alcun motivo fino alla fine della composizione.

una volta che si accetta il fatto che il suono è diverso e si riescono ad identificare le perle nell’album non è poi così difficile mettere ‘daylight again’ in rotazione poiché questo è l’ultimo disco consistente del supergruppo; anche i momenti più deboli (quasi tutta la seconda facciata ad eccezione degli ultimi due pezzi) non sono mai disgustosi come capiterà dopo (i due dischi in studio successivi sono un disastro con tanto di synthacci anni 80 e canzoni orrende scritte da gente più o meno a caso, per non parlare delle schifezze soliste di stills di quel periodo; riuscirà a salvarsi, anche se non benissimo, solo nash con il decente ‘earth and sky’).

a salvare il disco sono alcune canzoni che ancora riescono ad emozionare come ai vecchi tempi, almeno una a testa per ognuno dei tre: nash riassume la carriera del progetto nella calda melodia country-pop di 'wasted on the way’, programmatico inno radiofonico che non può non prendere l’ascoltatore per mano. di crosby si diceva ‘delta’, toccante momento autobiografico in cui david riflette su ciò che è diventato usando ancora una volta quell’immaginario marino che già graziò a loro tempo ‘wooden ships’, ‘the lee shore’ o ‘shadow captain’. ma il colpo grosso lo fa mr. stills con l’epica ‘southern cross’, un pezzo fantastico che mette insieme soft-rock con venature latine ed enfasi soul nel ritornello corale, riportando l’impasto vocale del gruppo in primo piano. non contento il biondino va anche a recuperare una vecchia canzone dei primi ’70 che è quella che dà il nome al disco: ‘daylight again’, posta in chiusura, con l’aiuto di garfunkel ai cori, fa scendere una lacrima di nostalgia; parla di padri fondatori, di sangue sulla terra e di soldati persi per strada e va a fondersi perfettamente sul finale nella classica ‘find the cost of freedom’, inno stillsiano per antonomasia nonché a suo tempo b-side del capolavoro ‘ohio’ di neil young.


e il resto? il resto non è da buttare. ‘turn your back on love’ e ‘into the darkness’ sono due bei rockazzi che non mandano a dire le cose e completano una prima facciata memorabile; la seconda parte gira un po’ su se stessa senza mai colpire a fondo ma non segnala grosse cadute di stile. se vi piace il suono del gruppo non troverete nulla di orribile qui dentro e una volta che metterete il cd nell’autoradio potreste tenerlo in macchina per un bel po’ di tempo. è un disco con alcune cose mediocri ma stills e nash hanno lavorato duro per farsele perdonare e, alla fine, il giudizio non può che essere positivo. ciò che verrà dopo è, ahimé, tutt’altra storia.