lunedì 22 giugno 2015

the mars volta, "de-loused in the comatorium"



vi ho parlato di tutti gli altri dischi e in ogni recensione ci ho tenuto a specificare: tutti i dischi sono belli, tutti i dischi sono a modo loro riusciti, ma 'de-loused' non si batte. penso sia giunto il momento di spiegarvi perché. lo farò con molta calma, sapevatelo.

c'erano una volta gli at the drive-in. ora, facciamo finta per un attimo che ci piacessero (no, mi han sempre fatto veramente schifo), oppure no, l'importante è riconoscergli l'importanza che hanno avuto nel declinare alla loro maniera il verbo "core" (io coro, tu cori, egli core) a cavallo tra i 90 e gli 00. molti li mettono nella categoria "emo" e per certi versi non posso che essere d'accordo. di certo quando si sono sciolti nessuno (io mai e poi mai nella vita) avrebbe pensato che quello che avrebbero fatto dopo sarebbe stato così distante da ogni punto di vista. da una parte abbiamo la semplicità della melodia e dell'impatto su cui si basavano gli atdi, dall'altra l'elaborata complessità cerebrale che anima ogni parto dei mars volta. come si uniscono i puntini? con de-loused, uno di quei casi in cui """""disco di trasizione""""" vuol contemporaneamente dire "equilibrio perfetto".

infatti il miracolo di questo disco sta proprio lì, nel suo bilanciare in maniera perfetta la fisicità delle passate esperienze con la nuova forma mentale 'progressive', non ancora compiuta e quindi ancora più efficace nello spingere il gruppo a lanciarsi con benedetta ingenuità in composizioni tortuose ma che mantengono un controllo della struttura ben saldo e molto più classicamente rock rispetto a ciò che succederà dopo.
è un concept? pare. qualcuno ci ha capito qualcosa? no. c'è un protagonista chiamato cerpin taxt che cade in coma per una settimana e tutto il sogno delirante che ne consegue (vogliamo menarcela e vedere i punti di contatto con "the lamb lies down on broadway"? no, limitiamoci a notare la somiglianza) con creature bizzarre, sottomarini, nomi strani e parti del corpo intercambiabili. forse, o forse no. esiste anche un lungo scritto in prosa di cedric che racconta tutta la storia, ci ho capito ancora meno che dai testi. ma poco importa, quello che è interessante notare è il largo uso che cedric fa di parole inventate e ibridi strani che spesso fanno risultare la voce più come uno strumento tramite pronunce e attacchi ritmici molto accentuati.

'de-loused' è anche il frutto di una formazione durata solo un attimo: rimasti senza la bassista eva gardner (andata poi con pink e moby), i due ripiegano su un turnista per il disco e questo turnista si chiama michael balzary, meglio conosciuto come flea; capite che avere come sezione ritmica jon theodore e flea dà una certa impronta alla musica, sicuramente il groove e l'impatto non mancano. a quel punto si aggiunge anche l'amico john frusciante che contribuisce al delirio di 'cicatriz esp'. c'è poi la triste vicenda di jeremy michael ward, effettista, tecnico del suono e della manipolazione audio responsabile di quasi tutti i soundscapes del disco ma trovato morto pieno di droga un mese prima che l'album uscisse (ma non prima di trovare un misterioso diario sul sedile posteriore di una macchina che stava confiscando. su questo diario sarà basato il concept di 'francis the mute'). last but not liszt, rick rubin, meritevole di menzione almeno per un paio motivi: 'de-loused' è l'unico album del gruppo a non essere prodotto dal solo rodriguez-lopez e questo già gli conferisce un aspetto diverso da tutti gli altri; il fatto che questo produttore sia mr. rubin crea poi una serie di ripercussioni musicali, essendo lui famoso per la sua capacità di dare una direzione ed un senso ben precisi agli album che produce, oltre ad essere esperto di vari generi ed avere un orecchio speciale (e anche l'altro non è male!).

tutto questo già mette 'de-loused' in una prospettiva diversa da tutti gli altri dischi dei mars volta e non abbiamo ancora parlato delle canzoni. è chiaro che anche da questo punto di vista, l'album si differenzia rispetto agli altri. prima parlavo di equilibrio, anche le canzoni si basano proprio su di esso riuscendo ad essere sì lunghe e con molti cambi di tempo e dinamica ma mantenendo una melodicità salvagente: quando si sta annegando nel mare strumentale, la voce offre un appiglio per restare nel pezzo, cosa da nei dischi dopo verrà un po' a mancare. fin dall'intro 'son et lumière' sono proprio i ricami di cedric che restano più in testa, anche perché con 'inertiatic esp' si è subito in un frullato nevrotico che necessita di un po' di ascolti prima di mostrare tutti i suoi strati, a partire dai bellissimi incastri ritmici in 6/8. va ancora peggio con 'roulette dares', schizofrenia in musica col suo riff tarantolato, aperture larghissime e un ritornello che non si dimentica, prima di una sezione strumentale con jon theodore protagonista a trainarsi tutti dietro. ed è sempre lui in testa alla fila in 'drunkship of lanterns'; basata su ritmica baion (o baião) brasiliana che regge tutto il pezzo, la canzone è tra le più riuscite del disco grazie ad un impianto strumentale potente ma equilibrato e a linee vocali catchy e piene di quel feeling unico che cedric ha.
'eriatarka' sposta il peso sulla melodia e colpisce tanto per la dolcezza della strofa quanto per l'isterico ritornello, un altro colpo a segno che apre la strada per quello che è probabilmente il capolavoro di tutto il disco: 'cicatriz esp'. mentre in futuro i brani lunghi del gruppo diventeranno ancora più lunghi e con varie direzioni al loro interno, 'cicatriz' nei suoi 12 minuti e mezzo riesce a rimanere sempre focalizzata e spedita, anche quando nella sua parte centrale si apre sempre di più fino a diradarsi quasi nel nulla più psichedelico per poi tornare alla carica in una maniera di cui i primi santana sarebbero molto fieri. come ci riesce? con un groove di basso e batteria che ti apre in quattro, una ritmica funk che suona led zeppelin al punto giusto, che si trascina tutto, inarrestabile, semplicemente perfetta. sopra ci sono gli svolazzi della chitarra di rodriguez, rumorosa e melodica allo stesso tempo, e le stupende linee vocali di cedric che sfociano nel disperato ritornello.
'this apparatus must be unearthed' riporta sulla terra e mostra in germe molte sfaccettature che verranno esplorate sui dischi successivi, forse 'amputechture' più di tutti. poi ritorna la vena melodica e lo fa con una delle migliori ballate di tutta la discografia, l'indimenticabile 'televators' che più volte il gruppo ha tentato di bissare senza mai riuscirci (non tanto per qualità quanto per intenzione). la voce è rassegnata ma vicina, l'arrangiamento sospeso e dilatato e il tutto converge in un ritornello da lacrime prima di uno special che addirittura si lancia in un semplice canone vocale molto efficace.
il viaggio giunge al termine ma non lo vuole certo fare in modo accomodante: i nove minuti di 'take the veil cerpin taxt' si abbattono senza pietà sull'ascoltatore e sono forse i più profetici di tutto il disco: la struttura si mostra a fatica nell'inferno strumentale per poi collassare in un'eco di mellotron da cui comincia la sezione strumentale che non può non ricordare i king crimson per l'uso di incastri su tempi dispari e repentini cambi d'atmosfera prima di chiudere col ritorno della voce ed un finale tanto improvviso quanto liberatorio.

lo spettro di influenze mostrato qui è incredibile, si va dall'hardcore ai king crimson passando per ritmi latin, santana, funk e pop. 
il mix riesce a far emergere ogni minima sfumatura in maniera naturale e mai invasiva, il suono è fortemente tridimensionale grazie anche ai succitati soundscapes di ward che aggiungono uno spazio enorme alle canzoni; il mastering è intelligentissimo e riesce a spingere sull'impatto senza mai danneggiare le dinamiche. in poche parole, dovrete usare la manopola del volume, del resto L'HANNO INVENTATA APPOSTA.
nell'insieme risultavano essenziali le tastiere di isaiah ikey owens, soprattutto il suo hammond che faceva da collante universale in tantissimi momenti. e vogliamo dimenticarci dell'onnipresente tappeto di percussioni di lenny castro? il suo apporto è fondamentale per molti pezzi, su tutti 'drunkship of lanters', 'cicatriz esp' e 'take the veil', pezzi che possono tranquillamente essere ballati da tanto sono ritmicamente trascinanti. (quasi tutto il disco ha questa caratteristica del resto)
eppure la magia di 'de-loused' è la capacità di far suonare tutto questo unito, omogeneo e focalizzato in uno stile che è subito fresco ed originale. che è un po' la magia di tutti i mars volta ma qui, per i vari motivi elencati, gli è riuscita meglio che mai. uno dei 10 dischi rock fondamentali degli ultimi 15-20 anni per invenzione, arrangiamento, esecuzione e produzione, nonché opera mirabile per la sintesi perfetta tra cuore e cervello, un disco unico ed irripetibile che merita di essere ascoltato ed apprezzato da chiunque cerchi qualcosa di più del solito 4/4.