mercoledì 11 giugno 2014

l'italia demenziale, parte iv: elio e le storie tese



veniamo quindi a quelli che dalla demenzialità hanno sicuramente tratto il maggior successo commerciale, gli elio e le storie tese. partiamo da una premessa: come riconosciuto anche da rocco tanica, gli elio non suonano musica demenziale. l'hanno suonata a loro tempo ma era già lontana dall'antisocialità degli skiantos così come dalle scenette geniali degli squallor o ai loro caratteristici accenti locali. indubbiamente la base di tutto quello che gli elio hanno fatto è da ricercarsi più nei dischi di zappa, con o senza mothers: musica seria con testi ironici, lanciati spesso in parabole surreali, coinvolgenti personaggi spesso più assurdi che ridicoli.

1. arriva elio

il complessino prende forma verso la fine degli anni '70, quando un gruppo di compagni di classe si trova a fare i primi esperimenti, all'inizio basati più sul cabaret che sulla canzone. i tre compagni erano stefano belisari (elio), luca mangoni e marco conforti, fratello maggiore di sergio, in seguito rocco tanica, che lo sostituirà quasi subito (marco resterà manager del gruppo). da qui in avanti si seguiranno una serie infinita di componenti che andranno e verranno stabilizzandosi lentamente in quella che diventerà la formazione di base solo nell'85 quando entrerà nicola faso fasani al basso (davide cesareo civaschi era già arrivato nell'83). nel periodo successivo il gruppo acquisterà notorietà a milano grazie alle sue surreali esibizioni allo zelig ed in altri locali meneghini, componendo nel frattempo alcuni dei suoi massimi capolavori, da 'cara ti amo' a 'cateto' e 'silos'. 
il tassello mancante arriva nell'88 e si chiama paolo panigada, soprannominato in circa 347 modi diversi (mu fogliasch, filz, punène, mondo, fufafifi e, ovviamente, panino) tra cui quello che diventerà il suo nome di battaglia: feiez. personaggio chiave della produzione (valida) degli elio, feiez era un polistrumentista, arrangiatore, produttore e topo di studio capace di dare vita vibrante ai migliori pezzi del gruppo, un musicista completo e, come la storia tristemente dimostrerà, insostituibile.
a questo punto la formazione è completa e di lì a poco arriva l'ingaggio di claudio dentes che porterà alla registrazione del primo disco.

2. eiuaculiamo e scoreggiamo con elio in allegria

questa la traduzione letterale di "elio samaga hukapan kariyana turu" dal cingalese. direi che mette bene in chiaro la portata di idiozia propria del gruppo che infatti già su questo primo album mette in fila alcune perle che non verranno mai avvicinate come genialità.
l'influenza più evidente lungo tutto l'album è quella di zappa, dai tempi dispari alle complicate armonie, i momenti teatrali e i siparietti comici di intermezzo tra i pezzi. eppure il primo tributo che gli elii fanno è proprio agli skiantos, con un'introduzione di voci filtrate che fa il verso alla storica apertura di eptadone. poi john holmes, nubi di ieri sul nostro domani odierno, carro, cassonetto differenziato per il frutto del peccato, le perle si seguono senza sosta, culminando nei capolavori assoluti del disco, tra i quali il più famoso è sicuramente 'cara ti amo', spaccato sociale che raccoglie un memorabile campionario di frasi fatte tipiche dei rapporti d'ammmmòre tra i gggiovani. ma non da meno è 'piattaforma', con ospite paola tovaglia alla voce: geniale l'equilibrio tra doppi sensi più o meno espliciti, mai confermati nel testo, fino al finale a dir poco politicamente scorretto. e per concludere non si può non citare la favola surreale di 'cateto', fuori da ogni logica, votata alla pura demenzialità forse addirittura per l'unica volta nella carriera del gruppo.
"elio samaga" contiene tutto quello che gli elio saranno, talvolta in forma un po' embrionale e naif ma forse è proprio questo che lo fa suonare molto più spontaneo e sincero della maggior parte delle cose che verranno dopo.
a questo punto la cronologia porterebbe al secondo disco. io invece vi parlerò prima del terzo perché, sebbene registrato dopo, contiene tutti quei pezzi della prima fase del gruppo che non sono finiti sull'esordio. "esco dal mio corpo e ho molta paura" (normalmente i titoli e gli slogan venivano rubati dalla band da articoli demenziali di giornali di serie z) è un live in studio che presenta il nuovo batterista christian meyer (trascurabile, tanta tecnica ma freddo come pochi e pesce fuor d'acqua ogni volta che la musica tende al rock) che diventerà da qui in poi il nuovo membro della band. qui il gruppo si gioca le ultime cartucce di pura demenzialità con picchi assoluti come 'abbecedario', 'cavo' o 'la ditta', oltre a mettere su disco una delle prime storiche suite, 'la saga di addolorato'.
album complementare a "elio samaga", "esco dal mio corpo" è un documento fondamentale per farsi un'idea della freschezza della proposta degli elii agli esordi, fotografia di un gruppo con una sincera voglia di dire stronzate che ancora sta in equilibrio con la raffinata ricerca puramente musicale che poi prenderà il sopravvento.

3. supergiovane

gli elii dopo il primo disco inziano a guadagnare fama, grazie anche alle continue esibizioni live che li portano alle prime comparse televisive. ormai storiche sono le parodie che portavano al dopo-fesitval di sanremo, preparate in diretta dopo aver sentito i brani live al festival, così come l'esibizione al concerto del primo maggio con il brano 'sabbiature', ovvero un lungo elenco di tutta la merda che il governo italiano tenta di nascondere. durante questo live la rai taglierà la diretta mentre dei funzionari trascinavano via elio dal palco (mentre grida "come jim morrison!"). ricordiamo inoltre la pubblicazione di "sveliatevi", ep contenente l'inedito 'born to be abramo' nella sua prima versione, con tanica a fare l'animatore da oratorio e la copertina che prende per il culo i testimoni di geova. l'ep verrà poi ritirato dal mercato, un po' per aver offeso mezza italia (genio), un po' per complicazioni legate ai diritti delle varie canzoni citate in abramo, da 'born to be alive' a 'you make me feel'.
con l'hype che cresce, l'italia è pronta per quello che per molti è il capolavoro del gruppo: "italyan, rum casusu çikti". qui viene a compiersi lo stile definitivo degli elii che li porta ufficialmente fuori dalla demenzialità propriamente detta. da qui infatti saranno l'ironia ed il surreale a comandare nei testi. per quanto infatti una canzone come 'supergiovane' possa far pensare all'attitudine degli skiantos, in realtà il focus è molto più verso la pura parodia: l'intento è quello di far ridere, non di dare fastidio e lo prova la cura maniacale nell'arrangiamento del pezzo, una vera e propria mini-suite prog rock che va dal jazz all'hard, con momenti pop e aperture grandiose alla genesis. allo stesso modo il testo se ne va dalla pubblicità del crodino al catoblepa (animale citato nei bestiari di marco polo), passando per sandro giacobbe e diego abatantuono (protagonista di un'epocale introduzione).
manco a dirlo, il resto del disco non è da meno, praticamente tutti i pezzi sono diventati dei classici: torna il tema di 'cara ti amo' in 'servi della gleba', pezzo spensierato dal tiro eccezionale, si innalza all'assurdo la pantomima sanremese con la stupenda 'uomini col borsello', non si parla assolutamente di nulla nell'ormai stra-abusata 'pippero' ma lo si fa con stile, groove e il coro delle voci bulgare. e poi si arriva ai vertici con le due favolette surreali del disco, 'il vitello dai piedi di balsa' e 'la vendetta del fantasma formaggino'. qui il gruppo è incontenibile: le storie si accartocciano nel nonsense mentre le canzoni mettono in mostra la capacità del gruppo di sintetizzare complessità ed orecchiabilità, appoggiandosi anche a ironiche e ricercate citazioni, da gianni morandi a jesus christ superstar.
non c'è dubbio che "italyan rum", insieme al successivo "eat the phikis", rappresentino l'apice della ricerca formale del gruppo, quando ancora era unita ad una sincera ispirazione che accompagnava i pezzi, non come oggi. ma a questo arriveremo (purtroppo) più avanti.

4. forza, panino.

il passo successivo è ancora più grandioso. nel 1996 gli elii si presentano a sanremo con il brano 'la terra dei cachi', geniale critica sociale italiana mascherata da canzonetta che colpisce nel segno anche più di quanto sperato dal gruppo. infatti l'edizione '96 viene ricordata per le losche manovre dietro le quinte operate da pippo baudo che portarono alla scandalosa vittorira l'osceno brano di ron di cui però nessuno ormai si ricorda più, mentre gli elii vestiti da rockets che cantano "italia sì, italia no" se li ricordano anche le mie nonne, ho detto tutto. infatti poi con la successiva inchiesta, la vittoria venne annullata e gli elii presero un primo posto a posteriori. come se importasse qualcosa. almeno loro non hanno dovuto portare dio per partecipare. 
l'evento è il lancio perfetto per il disco che segue, "eat the phikis", un'opera a suo modo monumentale tanto quanto futile e fine a sé stessa (e forse proprio per questo ancora più bella). ogni pezzo è una storia a sé, ognuno si sporca le mani in un genere diverso e ce n'è veramente per tutti i gusti: il charleston de 'la terra dei cachi' va a braccetto con lo swing de 'li mortacci' (con ritornello parodia de 'i vatussi' cantato proprio da edoardo vianello), mentre 'omosessualità' flirta (è il caso di dirlo) col punk 'el pube' si lancia nel latinoamericano e 'mio cuggino' apre il culo con un funk tanto coinvolgente quanto ripulito e fighetto (con la partecipazione di aldo di aldo,giovanni e giacomo. non dimentichiamo la fondamentale spinta che gli elii hanno avuto da mai dire gol). si torna in territorio gggiovane con il classico dei classici 'tapparella', cronaca di una qualsiasi festa delle medie a cui tutti abbiamo partecipato nella vita. "eat the phikis" è il limite del gruppo, dove la cura musico-strumentale arriva all'orlo della brocca e ancora si sposa alla perfezione con le storielle spampanate dei testi (oscar di idiozia per 'el pube', tragica storia di un venditore volante di lubrificante anale che degenera in un'orgia pubblica in piazza, degna degli squallor per inventiva e vicina per tema ai romani prophilax).
di fatto questo è l'ultimo album degli elii da avere assolutamente, da qui in poi la storia cambierà bruscamente. causa principale di questo è sicuramente la tragica morte prematura di feiez, colpito da emorragia cerebrale mentre suona sul palco con la biba band. una morte indubbiamente eroica ed adatta al personaggio che lascerà un vuoto incolmabile nella formazione.

5. la visione della figa da vicino.

è già abbastanza eloquente di per sé il fatto che come primo singolo post-feiez, gli elii debbano ricorrere al turpiloquio in pieno ritornello per attirare l'attenzione in qualche modo. così infatti si presenta "craccraccriccrecr", mediocre e svogliata innaugurazione della nuova fase del gruppo che pone in apertura il meraviglioso assolo di sax di t.v.u.m.d.b. per ricordare feiez e poi non ricorre quasi più all'uso dei fiati per l'intero album. scelta concettuale molto sentita e condivisa che però non viene controbilanciata da brani che possano competere col passato. gli unici momenti degni di nota sono rappresentati da 'la bella canzone di una volta', la sboccata 'che felicità' cantata con enfasi da uno scatenato giorgio bracardi e la oggettivamente bellissima 'disco music' (corredata da video geniale), parodia del genere tanto in voga nei '70. il resto è tranquillamente trascurabile, dalla sciapa 'rock and roll' a 'farmacista', con intro presa di forza da "manzo" degli squallor, evitando in ogni modo schifezze innominabili come 'caro 2000' o 'bacio' o 'nudo e senza cacchio'. il gruppo è evidentemente demoralizzato e privo di idee sincere ma questo ancora non è il loro punto più basso. più interessanti allora alcune cose dalla colonna sonora di "tutti gli uomini del deficiente" contenente le belle 'psichedelia' e 'yes i love you'. non certo dei capolavori ma brani rispettabili che mostrano una maggiore spontaneità rispetto a ciò che li contorna.
infatti si arriva quasi al fondo del barile col successivo "cicciput", da cui si fa veramente tanta fatica a salvare qualcosa. vogliamo dire che 'gimmi i.' è un pezzo carino? ok, diciamolo. vogliamo dire che 'fossi figo' sarebbe stata bella se non avesse avuto morandi come ospite? diciamolo. per il resto l'album fa schifo, è un continuo ricercare soluzioni musicali difficili e complicate incastrandole con citazioni comiche per mascherare l'evidente carenza di idee che attanaglia la band. non vale nemmeno la pena di perdere il tempo e citare questo o quel brano, l'agghiacciante 'shpalman' è una tale cagata che può bastare a rappresentare il disco intero. da dimenticare in toto.
a questo punto bisogna aspettare cinque anni prima di un nuovo album. che, inaspettatamente, è molto molto bello. incredibilmente "studentessi" riesce a far risalire le sorti del gruppo con una manciata di pezzi davvero belli, ben scritti, ispirati e divertenti. si rimane ancora incastrati nel gioco delle citazioni, fin troppo sfrontato ed abusato, ma ciò non toglie alla godibilità di momenti altissimi come 'tristezza', 'heavy samba', 'gargaroz' e soprattutto 'parco sempione', ispirata dalla cronaca milanese che vide raso al suolo il bosco di via melchiorre gioia in modo assai losco, approfittando delle vacanze di natale. (vediamo qui come gli elii sono andati spesso a prendere spunto dalla cronaca italiana, cosa che ad esempio gli skiantos originali non si sono mai sognati di fare. non è un giudizio, solo un'osservazione.)
con "studentessi" gli elii ci hanno fatto sperare che potesse arrivare una nuova fase di gloria per il gruppo. invece poi. 

6. no, grazie.

invece poi è arrivato x factor, è arrivato l'inutile disco sinfonico "gattini" di cui nessuno sentiva il bisogno, è arrivato di nuovo sanremo ed è stato piuttosto imbarazzante vedere come la critica che un tempo li uccideva ora va in brodo di giuggiole per una cagata immonda come 'la canzone mononota', probabilmente composta in 4 minuti e mezzo in qualche camerino. da qui al punto più basso in assoluto il passo è molto breve e infatti si chiama "album biango". vi ricordate che vi parlavo degli elio e le storie tese? quel gruppo intelligente, capace di fare ironia col cervello, di fare canzoni orecchiabili anche se complicate, di essere un bel gruppo? ecco, oggi probabilmente quel gruppo non esiste più. è stato soppiantato da una cover band di sé stessi, imbarazzante in studio quanto finta e costruita dal vivo. le scalette dei concerti parlano chiaro: sempre le solite canzoni ormai da anni, ogni tanto qualche occasionale recupero e poi badilate di schifezza dagli ultimi dischi. era ovvio che un gruppo concettuale come loro avrebbe prima o poi finito le munizioni, probabilmente sarebbe stato molto meglio se dopo eat the phikis il complessino si fosse sciolto, lasciando ai posteri una discografia pressoché perfetta invece di andare a sporcare il tutto con uno strascico forzato e inutile. ma tant'è, le vendite parlano chiaro: la gente di musica non capisce una fava e quindi continua a comprare anche queste nuove oscenità mascherate di complessità formale, gelida, derivativa e banale. quello che mi fa un po' tristezza è pensare ai ragazzini che oggi scoprono elio come il giudice di x factor e il cantante della 'canzone mononota', a noi al tempo è andata decisamente meglio.

un ultimo appunto personale. sia per gli squallor che per gli skiantos ho parlato di origini ed influenze ma ci ho tenuto ad evidenziare come la loro musica abbia creato migliaia di emuli, discepoli e simili. la stessa cosa è molto difficile farla con gli elio e le storie tese. questo perché il gruppo milanese si è sempre fatto orgogliosamente bandiera per tutti quei gruppi citati, omaggiati, parodiati o quel che sia e di certo non si è mai fatto problemi a rubacchiare di qua e di là (e qui il gioco delle citazioni indubbiamente gli ha parato il culo in tante occasioni). questo però ha fatto sì che non si sia mai sviluppato un vero stile eliostorista (che bella parola) nel senso prettamente musicale del termine. fondamentalmente loro sono dei grandissimi compositori ed arrangiatori ma, almeno con questo gruppo, non hanno mai creato un suono peculiare che li faccia riconoscere tra mille. se questo sia un pregio o un difetto non sta a me dirlo, sicuramente la loro esistenza e fama ha portato altri artisti sulla via della comicità musicale, se poi questi altri abbiamo rubato dalle canzoni degli elii senza sapere che già erano prese da qualcos'altro… si va a creare una catena che per analizzarla servirebbero altri quindici articoli. e io non ho assolutamente voglia di farlo ora.
da segnalare infine l'ottima idea dei cd brulé, ovvero registrazioni di tutti i concerti (circa dal tour di cicciput in poi) che venivano mixate al volo e vendute alla fine del concerto stesso. un'idea molto intelligente, soprattutto quando avveniva durante i tour estivi del gruppo, slegati dalla promozione del disco, in cui gli elii si lanciavano in scalette assurde recuperando ogni tipo di classici e rarità dal loro catalogo. oggi anche questo aspetto è scomparso, lasciando il posto a semplici tour "da disco", scritti, programmati e recitati manco fossero esibizioni teatrali, togliendo tutto l'aspetto improvvisato e naturale dal palco. 
a noi invece piace ricordarli così, giusto per dirne una:

ciao, enzo.

mercoledì 4 giugno 2014

nanodischi #11: aprile-maggio 2014


poca roba questa volta. non che abbia ascoltato pochi dischi, anzi. è che di un bel po' ne vorrei fare delle vere recensioni, quando ne avrò tempo e voglia. prima o poi.

stills-young band - long may you run

erano bei tempi. per carità, oggi i flaming lips suonano con miley cirus. però fanno i beatles. e allora vedi che erano bei tempi? quando dopo "deja vu" e "4-way street" i quattro dell'apocalisse californiana si mischiavano a cazzo e facevano dischi come questo. nel periodo d'oro di young, che butta lì come se niente fosse 'long may you run', 'midnight on the bay' o 'fountainbleau', si incastrano perfettamente le composizioni più soul e jazzate di stills, su tutte la bellissima 'guardian angel' seguita a ruota dalla sporca 'make love to you'. ringraziamento alla sempiterna fiera di novegro che me ne ha fatto comprare il vinile a 3 euro.


journey - frontiers

a proposito di altri tempi. qui però erano decisamente diversi, non per forza particolarmente belli. certo, con "frontiers" sono usciti "90125" degli yes, "swordfishtrombones" di tom waits, "synchronicity" dei police, "kill 'em all" dei metallica, il primo ep dei queensryche. e proprio a proposito dei deceduti queensryche, loro devono averlo ascoltato tanto "frontiers" prima di registrare "empire". i journey hanno dato vita ad uno dei massimi capolavori dell'aor, foriero di picchi come 'separate ways', 'edge of the blade' e 'frontiers' (proprio la title-track suona spaventosamente queensryche). se il suono americano fa per voi e non conoscete questo disco... non me lo spiego molto. conoscevatelo adesso!

casualties of cool

"epicloud" mi ha fatto proprio cacare. un disco buttato lì tanto per svuotare la cartella scarti del computer. questa volta invece sembra che il buon devin abbia avuto voglia di impegnarsi un pochino di più. accompagnato da ché aimee dorval, già presente nel bellissimo "ki" del 2009, il canadese imbastisce un concept fantascientifico con un uomo disperso su un pianeta lontano sul quale trova una radio che trasmette una voce femminile. o qualcosa del genere. comunque il tutto è raccontato in salsa country rock spaparanzato e morbido, com'è stato nei migliori episodi di "ghost". il difetto è che è veramente troppo lungo e tendenzialmente monotono, però ascolto molto rilassante e consigliato.

killer be killed

tutto quello che il metal dovrebbe smettere di essere è contenuto in questo disco. per la cronaca, sono max cavalera, greg puciato, troy sanders e dave elitch. segmenti appiccicati a caso, ignobili lagne emo, riff banali che manco un bridge dei soulfly, anonimità assoluta e un suono vergognosamente finto, plasticoso e ultracompresso a uccidere ogni sembianza di vita dalle tristi canzoni. nammèrda.

motorpsycho - behind the sun

ormai lo sappiamo, c'è l'appuntamento annuale coi motorpsycho, disco e live. nessuno credo si lamenterà mai finché i dischi che arrivano sono come questo. che è fondamentalmente la versione più bella di quello prima: i norvegesi continuano la loro esplorazione di un qualcosa che è circa progressive, spesso jazzato, molto jammoso, un po' jabba the hutt. come al solito escono vincitori grazie ai pezzi: 'cloudwalker', 'on a plate', 'kvaestor' o 'hell part 7' farebbero la fortuna di molti che vorrebbero ma non possono. del resto, con un batterista del genere, vai dove ti pare e loro lo sanno.

antemasque

sciolti i mars volta, formati gli antemasque. facile, semplice, pulito. no, pulito no. il suono dell'ep d'esordio del nuovo progetto zavala-lopez suona parecchio zozzo e diretto, lontano anni luce dalle produzioni e compressioni di dischi come "the bedlam in goliath". e pure i pezzi non scherzano come distanza: vanno tutti belli spediti, con gli strumenti a dettare legge (flea al basso ed elitch alla batteria) e cedric a tenersi alla larga dall'effetto alvin superstar dei vecchi tempi. solo 13 minuti purtroppo, ma bastano a mettere in chiaro una cosa: questi non sono i nuovi mars volta. menzione d'onore per 'drown your witches', molto molto led zeppelin ma anche molto molto riuscita.

the papermoon sessions - papir meets electric moon


i papir si incontrano con gli electric moon e jammano per 40 minuti. vi serve altro? ok, vi dico che parliamo di rock psichedelico strumentale che va a lambire un po' tutto quello che potreste aspettarvi. quello che invece non fa mai è annoiare, grazie ad arrangiamenti intelligenti e dinamici e una capacità di improvvisazione non indifferente. scusate se è poco.

martedì 3 giugno 2014

motorpsycho, 02.06.14, live club, trezzo sull'adda




i motorpsycho non sono un gruppo come tutti gli altri, questo lo si era capito molto molto molto tempo fa. inclusi dal mondo nel calderone alternative, ci sono sempre stati stretti, se non altro perché loro alternativi lo sono nel più puro senso del termine, al contrario di tutti quei gruppi che si fregiano della definizione pur copiando semplicemente quello che fanno gli altri.
in 25 anni hanno esplorato tutto ciò che il rock (e non solo) può dare, l'hanno sviscerato in qualsiasi maniera possibile regalando alla musica almeno almeno 3-4 capolavori imprescindibili.
nel concerto al live di trezzo, i tre norvegesi (accompagnati come ormai da tradizione dal chitarraio aggiuntivo reine fiske) hanno dato un'ulteriore prova di tutto questo, con una scaletta che ha spaziato in ogni angolo della discografia immensa della band.

inedita apertura acustica a tre chitarre e mellotron che rilegge tra le altre kill some day, feel e waiting for the one, col pubblico a cantare a gran voce ogni ritornello, una scelta assolutamente azzeccata ed emozionale, perfetta overture per ciò che verrà.
il set viene aperto dalla strumentale whip that ghost e subito ricompare il gruppo che ci siamo abituati a vedere negli ultimi anni: jam emozionanti ed avventurose, guidate da riff e temi di chitarra ma rette dalla sezione ritmica con il "solito" basso eccezionale di saether a pompare e kenneth kapstad ad essere uno dei migliori batteristi che abbia mai visto in vita mia. (per intenderci, uno che in due ore e mezza di concerto sfodera una quantità di fill da far pensare che abbia un enciclopedia nel cervello, che è capace di avere la doppia cassa senza mai mai mai fare una rullata a due casse, sempre incastrandole in maniera intelligente ed originale, capace di escursioni dinamiche a dir poco estreme e padrone di un tocco ed un groove assolutamente fuori dal normale. un mostro come se ne vedono veramente pochi.)

la scaletta come dicevo spazia un po' dappertutto, prediligendo ovviamente il nuovo arrivato "behind the sun" con ben 5 pezzi estratti tra cui delle spettacolari versioni di cloudwalker e kvaestor. poi ben tre pezzi sia da "trust us" che da "let them eat cake" con una the other fool da lacrime quasi a fine concerto, una stupenda starhammer, i primi bis chiusi con entropy e la ricomparsa forzata dalle urla del pubblico per salutarci come ci hanno accolti, in acustico, chiedendo silenzio per una toccante versione di come on in da "demon box".


chiudo alla svelta se no inizio a ripetermi. era la quarta volta che li vedevo e ancora son riusciti a fare cose che non gli avevo mai visto fare. quello che non è stato diverso è la qualità: i motorpsycho non hanno paura di nulla e fanno bene, musicalmente non devono temere alcun rivale al mondo al momento, sul palco sono una macchina da guerra capace di radere al suolo qualsiasi club (incluso il mediocre live club che impasta un po' troppo il suono e non fa uscire le tastiere. del resto siamo in italia, il suono è una questione secondaria, no?). ogni volta che torneranno in italia io ci sarò e sono sicuro che ogni volta uscirò dicendo sempre la stessa cosa: se più gente avesse il coraggio, la forza e le capacità dei motorpsycho, il mondo sarebbe più bello. ora iniziamo ad insegnarli a scuola, per favore.