martedì 16 aprile 2013

king's x, "gretchen goes to nebraska"




della serie: le cose buffe.
questo disco mi fu consigliato anni orsono (credo una decina) da qualcuno (ovviamente non ricordo chi). quando lo ascoltai però non rimasi particolarmente impressionato, sembrò un dischetto che scivola via tranquillo. poi per anni me ne sono completamente dimenticato.
pochi mesi fa per puro caso me lo sono ritrovato in casa e gli ho dato una seconda possibilità. ora è uno dei dischi che ho ascoltato di più negli ultimi 6 mesi.

i king's x sono comunque un gruppo buffo. son tre personaggi che non ti aspetti, a partire da doug pinnick, bassista di colore ed omosessuale che nei testi parla di quanto sia difficile per lui essere accettato come cristiano dalla comunità. wtf. la fiera della discriminazione parte da qui. poi però senti quella voce e improvvisamente tutto ha senso. quando lo senti sbraitare con la sua vociaccia soul raccontando di sua nonna che diceva di sentire continuamente musica da sopra la sua testa... per un qualche motivo tutto quadra.
over my head è anche uno dei pezzi più famosi e longevi nelle scalette del trio, i quali spesso e volentieri la dilatano fino ai dieci minuti.

ma cosa suonano i king's x? (o suonavano, gretchen è dell'89)
di base l'unica definizione che mi sento di dare è "rock", punto. senza dubbio si sente l'influenza dei rush post-permanent waves (l'arpeggio di summerland), così come c'è un occhio rivolto agli sviluppi di quel suono, queensryche in primis (send a message). d'altra parte il chitarraio ty tabor porta con sé manciate di beatles che sparge sottoforma di splendide armonie a tre parti in vari pezzi del disco (in particolare nella conclusiva the burning down l'influenza dei baronetti è lampante), così come pinnick porta, da bravo uomo colorato, una notevole dose di groove funk con slap sostenuto dalle ritmiche semplici ma efficaci di jerry gaskill, oltre alle inflessioni soul della sua voce (everybody knows).

il risultato di tutto questo mischione è un disco incredibilmente coeso e compatto che non stufa mai, anche considerata la qualità media dei pezzi che non cala mai per un secondo lungo tutta la durata (50 minuti) del disco. la magniloquenza di out of the silent planet, il groove assassino di over my head o don't believe it (uno dei capolavori dell'album), la placida malinconia di summerland, i cenni psichedelici di pleiades e le durezze di fall on me, tutto è perfetto qui dentro, non c'è un tassello fuori posto e tutto è approcciabile da chiunque grazie alla classe melodica del gruppo che incatena una serie di ritornelli incredibili.

non è difficile capire dove stia la forza di un disco così. trovarsi davanti dei musicisti così abili a spaziare tra decine di generi ma anche a mantenere un suono personale e sempre riconoscibile non è facile. che poi riescano a fare un disco strano ma catchy, semplice ma mai facile, profondo ma non intellettualoide, duro ma melodico... così al volo mi vengono in mente solo i rush. dici cazzi...
mi pento di tutto quel tempo della mia vita in cui non ho ascoltato gretchen. vi consiglio di fare altrettanto perché questo disco è praticamente un miracolo.