giovedì 4 aprile 2013

depeche mode, "delta machine"




io credo, ormai da un po' di tempo, che dopo i beatles i depeche mode siano la macchina pop perfetta per eccellenza. questo ovviamente per motivi che escono anche dall'ambito strettamente musicale, non c'è bisogno di ricordarli. ma analizzando anche solo le canzoni, il modo naïf con cui martin gore è stato in grado di snocciolare perle su perle per più di 30 anni è perfetto specchio di quella spontaneità e finta ingenuità che è alla base di tutto il pop. la loro musica non è (tranne in qualche caduta di stile) demagogica, ha solo la peculiarità di coincidere perfettamente con quello che il pubblico vuole e anche quando non lo fa (penso al sottovalutatissimo "exciter") ne esce comunque vincitrice grazie al preziosissimo contributo dei vari produttori che si sono avvicendati negli anni (altro aspetto classicamente pop, l'osmosi musicale dell'artista col produttore). basti pensare ai risultati ottenuti insieme a gareth jones su "black celebration" o con flood su "songs of faith and devotion".

ho citato tre dischi finora e non l'ho fatto a caso.
"delta machine" è il nome del nuovo arrivato che già nel titolo svela i suoi intenti: trovare un equilibrio tra il calore del blues e la freddezza delle macchine, tra, appunto, "songs of faith and devotion" e "black celebration". "exciter" invece mi serve per spiegare la mia prima impressione sul disco. ad un primo ascolto infatti, in vari momenti ho pensato che questo disco avrebbe potuto perfettamente stare al posto di "ultra". con ciò non dico che qualitativamente i due dischi siano sullo stesso piano, considerando per di più che "ultra" è uno dei miei preferiti. intendo invece indicare come canzoni come dream on o the sweetest condition tirassero già in questa direzione, prima che il revival a tutto spiano di "playing the angel" e "sounds of the universe" prendesse il sopravvento.

di questa nuova trilogia prodotta da ben hillier, "delta machine" è senza dubbio il disco più sincero, ispirato, sentito e motivato. per farla breve, è il migliore dei tre.
è un disco che si prefigge un obiettivo e lo raggiunge, grazie anche ai contributi compositivi di dave gahan (tre, come da tradizione) che firma almeno uno dei migliori pezzi del disco, should be higher, venato di soul quanto basta su un beat che non dà tregua. ottima anche  broken, a metà tra little 15 e suffer well.
ciononostante è ancora martin l'anima del disco, che con le sue canzoni permette a dave si dare tutto sé stesso, come nella strepitosa angel, lercia e trainante nella strofa prima della magistrale apertura del ritornello. che dire poi dell'inarrestabile soft touch/raw nerve che arriva a ricordare a question of time col suo martellamento incessante o del nuovo singolo soothe my soul, il più classicissimo degli inni depechemodiani interpretato con una verve e un calore che mancavano da un po' di tempo in questo modo.

poche le ballate nell'edizione standard. il primo singolo heaven (bella ma un po' troppo pilota automatico) e la malinconica the child inside, appuntamento fisso con la voce di martin, convincono senza esagerare. ci pensano invece slow e la conclusiva goodbye a regalarci dei lentoni caldi e profondi, sui quali dave la fa da leone (come gli è riuscito solo su qualche canzone della collaborazione coi soulsavers).

mi sento poi di citare my little universe, la quale più evidentemente di tutte le altre canzoni mostra quanto si sia divertito martin nel suo progetto vcmg com vince clark: suoni asciutti e pulsazioni elettroniche nel vuoto costruiscono un'ossatura che è ritmica e armonia al contempo in un esperimento perfettamente riuscito che riporta proprio al minimalismo techno di "ssss".

per riallacciarmi all'introduzione, penso che "delta machine" porti su di sé ancora tutti quei segni distintivi che rendono i depeche mode quella macchina perfetta. certo, la carica innovativa è svanita da un po' di anni, ma ricordiamoci anche che questi suoni loro hanno contribuito a crearli per cui le lamentele lasciano il tempo che trovano. quello che più ho apprezzato è il ritrovato calore, sia nei suoni che nelle melodie, e l'immutata capacità di scrivere canzoni incredibili che più che nei precedenti dischi torna a galla con decisione in un disco oscuro e dal suono crudo e sporco (per quanto possa esserlo un disco dei depeche nel 2013, intendiamoci). se siete delusi perché vi aspettavate altro, forse non vi piacciono così tanto i depeche mode. o magari dico stronzate io.