giovedì 21 marzo 2013

how to destroy angels, "welcome oblivion"





l'altalena figata-merda su cui è salito trent reznor 6 anni fa sembra che si sia un pochino stabilizzata da qualche tempo (almeno dalla bellissima colonna sonora di "the social network"). (ha vinto un oscar.) (no dico, trent reznor. ha vinto un oscar.) (non è ciò bellissimo e orribile contemporaneamente?)

ciononostante, il primo ep del nuovo progetto how to destroy angels (d'ora in poi htda perché non ho voglia nemmeno di fare copiaincolla) era una schifezza. il secondo invece mi aveva stupito in positivo, esattamente come ha fatto il qui presente "welcome oblivion".
se da una parte il ricordo delle psicosi e del marciume e lo schifo e la fanga e la droga e le secchiate di letame mi fa rimpiangere i bei tempi che furono, dall'altra parte c'è la comprensione verso un uomo cambiato che sta ricostruendo un suono scevro dalle bordate di violenza di un tempo ma comunque inquieto e minaccioso, affacciato su un abisso digitale in continua risonanza.

si sentono i nine inch nails in questo disco, eccome. si sentono tanto gli esperimenti dei "ghosts i-iv" ma anche le tracce strumentali di "the fragile" e le melodie e gli spippoli analogici secchi di "pretty hate machine".
la differenza grossa sta ovviamente nella voce: reznor si limita ai controcanti e raramente si mette in primo piano, lasciando la scena alla moglie mariqueen maandig (che potete vedere in questa foto abbracciata al maritino che stava per vincere un oscar. sì, ha vinto un oscar. e sembrava morgan grimes di chuck.). è una scelta, condivisibile o no. di buono c'è che la sua interpretazione porta i pezzi più lontano ancora dal suono nine inch nails e dona un'ariosità che aiuta la fruizione del disco. di non buono c'è che non è la voce di trent. e che alla lunga si rivela un'interprete piuttosto monotona che può stancare ma la valanga di effetti e sguirzirigli che interagiscono con le sue corde vocali aiuta in questo senso.

l'altra cosa che aiuta sono le canzoni. completamente elettroniche, a parte le voci, si snodano caratterizzandosi ognuna per un particolare suono e melodia, nascendo evidentemente da frammenti che si evolvono in macrostrutture semplici ma in continuo mutamento.
non trovo molto senso nel citare questa o quell'altra canzone, anche se trovo che "ice age", "how long?" e "we fade away" rappresentino al meglio le direzioni che il disco prende e le varie memorie che si porta dietro.
manco a dirlo il mix è impeccabile e tutto suona come un sogno strano in cui si è sospesi senza vedere nulla ma sentendo tutto. tipo.

in conclusione si può tranquillamente dire che il disco sia riuscito più che bene e mi terrà compagnia per un po' di tempo in attesa di vedere se il progetto saprà evolversi o se soccomberà nell'ondata che la appena confermata reunion dei nine inch nails può generare. staremo a vedere, intanto benvenuto abisso.

http://grooveshark.com/#!/album/Welcome+Oblivion/8682680