venerdì 31 agosto 2012

katatonia, "dead end kings"




ha fatto un caldo fottuto. non smetteva più. mancava l'aria, non si poteva dormire.
ma oggi piove. oggi il cielo è grigio e piove e c'è il vento.
e io ho comprato il nuovo dei katatonia. è già il giorno più bello dell'anno.

"night is the new day" è stato un capolavoro, di sostanza, di forma, di voglia di rinnovarsi. all'interno della discografia degli svedesi rappresenta indubbiamente il picco massimo della terza fase, quella iniziata con "viva emptiness", andando così ad affiancare gli altri due immensi "brave murder day" e "last fair deal gone down", che per chi scrive resta ancora la loro massima espressione.

oggi i katatonia hanno cambiato sia il chitarrista ritmico che il bassista, ormai da un paio di anni, e per assurdo per una volta sembrano voler restare ancora un po' nel colore del disco precedente, nonostante un nettissimo cambio cromatico dell'artwork.
qualche differenza c'è: c'è un uso ancora più ampio delle tastiere ed orchestrazioni ad opera di frank default, c'è l'ospitata della nuova cantante dei the gathering silje wergeland nella stupenda "the one you are looking for" e in generale c'è una forte ricerca della linea melodica ad effetto che a tratti fa suonare il disco quasi finlandese, pur non scadendo mai nella pacchianata. prova perfetta ne è "the racing heart", col suo ritornello intenso ed avvolgente è una delle gemme del disco.

ci sono poi ovviamente i pezzi più tirati, in particolare l'iniziale "the parting" e la finale (bonus track a parte) "dead letters" sono perfettamente inserite nel contesto dell'album e regalano i migliori momenti di schitarrate ma in generale il gruppo sembra volersi allontanare di nuovo dal metal, non ancora definitivamente ma quasi ci siamo. sicuramente ci si è lasciati dietro quella vaga patina di freddezza del periodo "the great cold distance" e la profonda emotività delle canzoni lo dimostra.
curiosa invece la bonus track che chiude l'edizione limitata del disco: una melodia particolarmente movimentata incastrata in un tessuto di chitarra acustica e percussioni che creano un suono decisamente inedito per il gruppo. decisamente inedito.
in mezzo, le melodie trasognate di ambitions, l'obliquità di "first prayer",  le dissonanze di "buildings", la sospensione di "leech" (che sembra una continuazione di "inheritance" dal precendente disco) e un sacco di altra roba bella, grigina e così goduriosamente triste da strapparvi la voglia di vivere con gli artigli. cazzo volete di più?
non c'è molto altro da dire questa volta, se li conoscete sapete già a cosa andate incontro: un lungo e grigio inverno coccolati dalla voce di jonas adagiata su quei tappeti ambientali che vi faranno dimenticare il caldo.
per sempre.