venerdì 22 luglio 2011

alice in chains, "black gives way to blue"



il termine "attesa" non rende pienamente ciò che si è provato per questo disco.
una band, che definire storica è riduttivo, si riforma dopo la tragica morte del frontman/cantante/simbolo sostituito con un quasi perfetto sconosciuto. molti sono i dubbi, ancora di più le paure di una becera operazione commerciale che possa sfociare in un disco sciapo.
ma... così non è. già, perché contro i pronostici e le male lingue, cantrell, inez, kinney e il nuovo arrivato william duvall sono tornati per riprendersi il loro posto e l'hanno fatto con un disco a prova di bomba. questo è "black gives way to blue", un prodotto forse meno viscerale e istintivo dei precedenti ma
indubbiamente profondo ed ispirato, oltre che mostruosamente pesante e lento.

l'incedere delle canzoni è pressoché sempre lento e strascinato, a partire dalla maestosa apertura con "all secrets known" che da sola riesce a mettere in chiaro alcune cose: primo che william duvall non è layne staley e non prova ad esserlo, lasciando che il suo stile si integri con il suono del gruppo; secondo che jerry cantrell non ha certo perso la passione per i riff magmatici e maledettamente pesanti che l'hanno reso famoso; terzo che il nuovo disco degli alice in chains, pur guardando avanti e proiettando un'immagine decisamente diversa da quella di un nuovo "dirt", suona come solo un disco degli alice in chains può suonare.
la sezione ritmica è la solita roccia solidissima pronta a stupire con tocchi di classe nascosti qua e là e il risultato è un suono pieno, potente e pregno di quella disperazione/malinconia/angoscia che ha sempre contraddistinto il combo di seattle. le armonie vocali sono onnipresenti e sempre arrangiate in modo
sublime e sia cantrell che duvall non fanno certo mancare il pathos dovuto.
non siamo di fronte ad un capolavoro, buona parte di tutto ciò l'abbiamo già sentita ed amata. ciononostante pezzi come "check my brain", "a looking in view" e le bellissime "acid bubble" e "private hell" riescono a scuotere l'ascoltatore e a farlo sorridere per aver ritrovato quelle sensazioni che si pensavano
perse per sempre. per non parlare delle ballate incastonate nel disco, tre perle che rispondono ai nomi di "your decision", "when the sun rose again" e la toccante chiusura con la title-track, dedicata all'amico layne, il cui fantasma non può non essere avvertito tra le pieghe dei brani.

questo sembra essere il miglior tributo che i suoi compagni potessero fargli e molto più: è un ritorno alle armi con tanto di coltello tra i denti, pronti a colpire di nuovo. tra le tante reunion inutili e prive di risultati, fa incredibilmente piacere constatare come qualcuno ancora possa farlo per pura passione.